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Milano, 24 ottobre 2006

Io, tu e l’anima.

     

«Un problema silente fin dai primi anni ’90 è stato quello della relazione con l’altro.

L’altro” non  inteso solo come mero individuo diverso da noi, ma piuttosto come qualcuno o qualcosa  “altro da noi”, al di fuori di noi.

L’altro che incute timore può essere un ricordo fugace di cui si disperdono le tracce; un animale inerme di fronte al nostro sguardo incuriosito; un paesaggio melanconico lontano da noi o una fotografia che immortali un istante ormai trascorso. In Alessio Varisco questo rapporto con il mondo esterno, fuori da Sé, viene vissuto con intimo abbandono e fedele riconoscenza all’arte. Le contaminazioni culturali e deontologiche che lo hanno accompagnato durante il suo percorso artistico e formativo, riecheggiano nei quadri monocromi degli anni ’90; dove il contrasto tra bianco e nero, luce ed ombra, diviene metafora atonica di un dialogo sottile fra Sé e la sua interiorità più profonda. L’esplosione del colore si fa spazio nei paesaggi e nelle scene immortalate da abili scatti fotografici.

Nei dipinti paesaggistici, infatti, rinasce un senso estetico per l’atmosfera del luogo insieme all’assonanza delle forti vibrazioni emozionali dell’artista; mentre nel mezzo fotografico traspare una sensibilità attenta verso il particolare artistico. Ma oltre all’Arte sull’Altro, Varisco ha anche cercato di scovare ed osservare l’Arte degli Altri, assimilando importanti insegnamenti grafici ma discostandosi e rispettando lo stile personale di essi; decodificando nei suoi dipinti e disegni monotematici, assimilazioni differenti. Innanzitutto facendo interagire culture religiose e tradizionali molto lontane  tra loro seppur similari per certi aspetti e significati.

Osservatore ed atleta dell’occhio, Varisco ripercorre momenti e percezioni attraverso l’uso del “non-dialogo verbale”, bensì quello visivo, disegnato, dipinto, crittografato. Egli, così facendo ha sintetizzato nella sua arte e nel suo operato grafico, una saggezza visionaria, antica ma anche attenta ai mutamenti nel magico sistema della vita. La sacralità e la ritualità di alcune tecniche pittoriche, fanno percepire ancor di più l’amore ed il rispetto di questo artista per i sentimenti della sua anima, fatti emergere  in silenzio, tra le righe un foglio bianco.

C’è dunque un fondo di turbamento e di dubbio permanente nell’ironia costante cui perviene il soggetto prescelto e rappresentato da Varisco.

Giochi di parole, di linguaggi, di grafie, immagini leggermente straniate, sono ingredienti di una poetica corrente ma ricercata, assimilata dagli anni e dall’esperienza, che finisce per brillare di una luce che proviene da un’altra dimensione di Sé: quella intima della sua Anima di artista.

Consapevole dei suoi giochi di specchi e delle sue trasformazioni; l’artista prosegue il suo percorso ritrovandosi spesso solo tra le sue immagini evocative e, a volte, quasi spettrali».

     
 

Federica Giobbe Della Bitta

 

 
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