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"Viaggiare, percorsi e cavalli" di Alessio Varisco - Lugano  
 
     

Intervento del Presidente dell’Associazione Culturale Técne Art Studio®:

Siamo approdati anche in territorio Elvetico. Con "percorsi", segni del nostro "viaggiare" in quest'oceano vita. Guidati e condotti da questi "percorsi", segni cromatici, astrazioni espressionistiche di Alessio Varisco, ci accingiamo a visionare questa mostra creata da Técne Art Studio, grazie all’Amministrazione Svizzera. I quadri di Alessio, “ritorni e percorsi” sono simboli della nostra finitudine. Sappiamo di essere delle schegge che esplodono di luce, di una luce non diretta, riflessa, esterna a noi che ci aiuta in questo cammino. Alessio con la sua saggezza, ad un tempo remota e ieratica come i suoi cavalli -metafora della storia, in continuo movimento, mai paghi della loro libertà-, ci richiama alla forza di pace di cui l'uomo ha bisogno. Come diceva il Professor Crivelli, Storico e docente di Storia dell'Arte i cavalli di Alessio sono simbolo di pace; non importa il colore, la geografia, tutti sono uguali. Ed in questa Svizzera tanto amata da Carlo Cattaneo che visse in questa magnifica Villa, ex Municipio di Castagnola, nel piccolo abitato di Castagnola, ora rione di Lugano, pensiamo che queste tele e tavole siano una riflessione profonda sul significato della nostra esistenza nella pace.

 

Non siamo molti, neppure pochi, qualche decina, complice il caldo, ma fa lo stesso. Ringrazio chi è venuto da Monza e dalla Brianza. Forse è un gran un numero per un centro di provincia; l’appuntamento è comunque importante anche per quei pochi che sono qui, perché i pochi poi vanno per il mondo. Grazie Alessio ad i tuoi colori che ci conducono, quasi lampade ai nostri passi.

Contributo critico di CHIARA RITA BENEDETTA, Coordinatrice Editoriale

Le cromie di Alessio Varisco sono personalissime. I suoi paesaggi, vedute dominate da silenziose ed afone vallate, ghiacciai e laghi alpini gelati, dal colore caldo, esprimono la nostalgia del grand-tour, secondo un’ottica romantica. Certamente deve il suo debito formativo a Hodler, Segantini e Giacometti. La figurazione dell’opera del Varisco è creata brevi e decisi segni ad olio, quasi sempre su tavola, ove il colore pare scintillare, esplodere e brillare. Paradigmatiche le sue deflagrazioni luminose, simili a geiger di luce, albe galoppate su laghi dell’Alta Engadina ghiacciati.

Colloquia ed interpella con la natura, con la sua vita, talvolta con l’impenetrabile ed inquietante silenzio quasi afono delle foreste di larici e pini cembri. Silenti paesaggi mossi da un vento che tramuta l’afonia in un soffio, quasi un pneumatico, metafisico, impercettibile, al di là del quale la pace…
un dipingere quello del Varisco nel quale forma, volumi e colori non sono posti a caso. Propositivi ed esplorativi, quasi lettura antropologica attenta alla plasticità dei monti innevati. Gradevole e calda la sua visione che ci conduce a morbide, ammalianti sensazioni alpine, gnoseologiche, anche se in assenza di uomini, estremamente ed abilmente plastica. Mai melanconica, emozionante come la visione dall’alto della vetta, sensazione di gioia, sibilo ai timpani come l’altitudine, rarefazione dell’aria. Grigionesi paesaggi il cui colore afferra ed affascina per la particolarità di abbinamenti da lontano, con toni sofferti, come la lotta del gelo.
Varisco sublima la sua ispirazione nella realizzazione di timbriche sonore mediante l’esasperazione in certi punti della scala tonale. Il suo è un colore che vibra, pulsa e vive. Segue un proprio ritmo. Con spaziosa musicalità scandisce orizzonti e sviluppi, tra dirupi scoscesi rosati dell’alba. Godimento per lo spettatore coinvolto in una sorta di abbraccio delle nevi sul far del giorno. Paesaggi immersi sempre in uno spazio reale. L’ontologia del Varisco è la misura della sua sinfonia di toni, stesi a spatola, a larghe campiture, mai piatti. Immerse in “cieli maghi”, le sue visioni, parlano al cuore arricchiti di quella sua personale carica emotiva. Fotografie, le sue, dell’anima, o meglio del sentimento. Vibrazioni cromatiche. Trilli, ciaccature, insolite, mai stancanti, di un pittore mai pago del mero soddisfacimento visivo, sempre alla ricerca nuove e contrastanti emozioni, da capogiro, mozzafiato.

Con passione ed intelletto amalgama i grumosi pigmenti, ancora fabbricati come in una bottega rinascimentale, per trarne luci ed ombre di albe e tramonti. L’interesse per il dato luministico mai scontato, inusuale: prima della bufera, aurore argentate, bagliori di tramonti settembrini, emozioni di lampi giorgioneschi. Sempre visioni composte, mai totalmente astratte, anche se è riscontrabile un processo dialettico espressionista che supera la mera visione.
Nei suoi paesaggi rivestiti di un giallo inimitabile, un arancio alpino, non vi è effetto irreale, bensì quel cogliere quei toni inavvicinabili, quasi impercettibili del mutare improvviso di luce. La sua pittura è caleidoscopio della mutevolezza del tempo, del repentino mutare di nubi e colori, improvvisi. Tutto ciò non proibisce, anzi aumenta, un serafico senso di mistica serenità, di abbandono e leggera malinconia. A volte le sue visioni sembrano una citazione del maestro Segantini: «vorrei farmi monte…»

CHIARA RITA BENEDETTA
Coordinatrice Editoriale Técne Art Studio

   
 
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