La Chiesa del Santo Volto di Torino: un’opera di grande 
          spiritulità dedicata alla Sacra Sindone
          
          Il progetto-sfida 
          di Poletto-Botta
          
          
          
          (foto 
          tratta da: 
          
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          La Chiesa del Santo Volto è 
          l’edificio religioso più moderno dell’Arcidiocesi di Torino. 
          Indubbiamente è anche fra i più particolarmente significativi per la 
          città di Torino e per l’intera area settentrionale. Un edificio che ha 
          fatto tanto parlare, anche per i suoi costi: sono stati stimati 30 
          milioni di euro complessivi di cui 12 sborsati dalla diocesi, mentre i 
          rimanenti dalla Cassa di Risparmio di Torino, dalla Compagnia di San 
          Paolo e dal governo della Regione Piemonte.
          
          
          
          
          (foto tratta da: 
          
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          Un 
          edificio simbolo: della cristianità, dell’amore per la Sacra Sindone 
          custodita nella Città, della laboriosità. Per quest’ultima ragione la 
          chiesa è stata pensata all’interno della "spina 3", ovvero quella 
          parte del comune di Torino compresa tra i quartieri San Donato, 
          Parella e Madonna di Campagna. 
          La chiesa ubicata fra 
          Via Val della Torre, Via Borgaro. La chiesa del Santo Volto –per la 
          sua collocazione baricentrica nell’area interessata- ha dettato le 
          linee portanti dell'idea progettuale con la proposta di un intervento 
          a forte carattere monumentale. Nel commissionare il progetto per la 
          Chiesa del Santo Volto a Torino, Sua Eminenza il Cardinale 
          Severino Poletto aveva ben presenti le ragioni, i rischi e le speranze 
          che una chiesa oggi solleciti nel particolare confronto con la città. 
          Torino, come molti altri centri urbani europei ha vissuto negli ultimi 
          decenni attorno all’immagine della sua configurazione storica, mentre 
          le nuove urbanizzazioni sono riuscite solo raramente a trasformarsi in 
          tessuti attivi della città. Ed è così che un antico quartiere operaio 
          vive la scommessa della fede per mano di un architetto, Mario Botta, 
          uno dei maggiori architetti viventi, nato a Mendrisio, nel Canton 
          Ticino, 64 anni orsono. Autore di numerosi oggetti di design, case, 
          musei, noto soprattutto per gli “spazi sacri”: la cattedrale della 
          Resurrezione a Evry in Francia (1995), la sinagoga e il Centro 
          dell’eredità ebraica a Tel Aviv in Israele (1998), la cappella 
          dell’aeroporto Malpensa a Milano (1998) e ora il complesso del Santo 
          Volto a Torino. 
          
          
          
          
          (foto tratta dal sito 
          
          
          www.mariobotta.ch)
          
          
           
          
          Non si può negare che 
          il complesso torinese spicchi e per l’originalità e l’aspetto 
          estremamente maestoso. Anzi -come è stato osservato- contrasta, così 
          maestoso com’è, e nello stesso tempo è integrato con il colpo d'occhio 
          post-industriale della zona in cui sorge. Lo stesso Botta ha osservato 
          che 
          
          «il progetto adotta il 
          linguaggio di oggi, ma ricerca nella storia delle tipologie ecclesiali 
          la ragione di esprimersi. È questa la scommessa dell’architetto, che 
          deve essere assunta come speranza verso quel bisogno di spiritualità 
          che sorregge l’operare quotidiano. La scommessa è che i sentimenti 
          suggeriti dalla chiesa del Santo Volto non restino soltanto patrimonio 
          dell’architetto, ma che possano essere condivisi dalla comunità 
          torinese, visto che il ruolo dell’architettura è soprattutto riuscire 
          a essere interprete delle speranze del proprio tempo». 
          
          
          
          
          
          Il tempio cristiano sorge idealmente in un’area che un 
          tempo era il regno delle più grandi fabbriche: Michelin, Teksid, 
          Deltasider, Pianelli&Traversa. In “spina 3” vi erano anche gli 
          altiforni degli stabilimenti siderurgici più grandi, unitamente ad 
          alcune acciaierie. L’area era decaduta e - negli ultimi anni- era 
          divenuta oggetto di interventi di riqualificazione urbana. 
          Il 
          cardinale Severino Poletto, , ha aggiunto che 
          
            
            «questa è una chiesa 
            nuova per una comunità nuova. Qui abbiamo una parrocchia che conta 
            già 12 mila abitanti. Era necessario e doveroso provvedere a un 
            centro di culto per la comunità che sta nascendo in questo quartiere 
            nuovo. Naturalmente, dovendo fare una chiesa, abbiamo anche pensato 
            a trasferire qui gli uffici della Curia».
          
          
          
          Fra gli anni '80 e '90 esistevano solo impianti 
          industriali obsoleti. Il progetto di riqualificazione dell’area ha 
          coinvolto diversi progettisti e a partire dal 2000 hanno trovato 
          spazio, -al posto dei dismessi stabilimenti- un ipermercato, un cinema 
          multisala, un museo, diversi centri per la ricerca. Quest’intervento 
          in un’area degna di interesse per i torinesi, geograficamente posta in 
          prossimità del fiume Dora Riparia, ha ridato un nuovo look ad un’ampia 
          zona, rimodernando l’intera città. Ora una serie di fabbricati 
          residenziali sorgo laddove un tempo erano suoni di sirene che 
          richiamavano la moltitudine di operai ad apprestarsi ad iniziare i 
          loro turni nelle fabbriche. Questo cambiamento ha portato e porterà 
          nella zona più di 15000 nuovi abitanti. Inoltre le sponde della Dora 
          saranno mutate in un verdeggiante parco pubblico.
          
          
          
          
          Una grande sfida per un’area in divenire… Di qui 
          l'esigenza -come sottolineato dal Cardinal Poletto, di 
          «fornire il servizio 
          religioso al nuovo quartiere» 
          e di costruire, in forme monumentali, la prima chiesa del XXI secolo. 
          Una grande impresa, affidata ad un architetto noto e non scevro dalla 
          dialettica religiosa, capace di trasfondere valori di brillantezza 
          nell’estetica architettonica, già autore di molti spazi sacri. Unico 
          architetto ad aver progettato una moderna cattedrale.
          
          L’occasione del disegno 
          di una nuova chiesa, fa tornare indietro alle grandi speranze del 
          passato e cioè a «quando -per dirla con Le Corbusier- le 
          cattedrali erano bianche». La realizzazione di un nuovo impianto 
          ecclesiale -in sostituzioni di aree industriali dismesse- diventa 
          impegno importante per la ricucitura di differenti parti urbane e come 
          presenza capace di costituire un nuovo polo di vita sociale oltre che 
          religiosa. 
          
          
          L'edificio religioso è stato edificato in soli cinque anni ed ha 
          impegnato oltre cento lavoratori tra operai e professionisti. In 
          realtà l’idea di erigere una 
          nuova Chiesa 
          Parrocchiale –dedicata al Santo Volto in Torino- risalirebbe al 
          1993, mentre l’incarico viene affidato solo a fine Millennio. Difatti 
          il disegno è risalente al 2000. 
          
          
          foto tratta 
          da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
           La 
          chiesa del Santo Volto si trova all'incrocio tra via Borgaro e Corso 
          Svizzera, a poca distanza dalla Dora; la parrocchia omonima è stata 
          inaugurata l'8 dicembre 2006 durante una cerimonia solenne cui ha 
          partecipato la cittadinanza guidata dall'arcivescovo Poletto, 
          committente di un simile grandioso –e ambizioso- progetto. La diocesi 
          di Torino ha festeggiato dopo ben 30 mesi dalla posa della prima 
          pietra -il 24 giugno 2004- festività di san Giovanni Battista, che è 
          il patrono della Città. E così il giorno dell’Immacolata Concezione si 
          è verificato il “gran giorno” e la chiesa del Santo Volto è stata 
          ufficialmente esibita alla Città, lo stesso giorno l’Arcivescovo 
          torinese ne ha consacrato l’altare.
          
          (L’interno 
          della Chiesa durante una solenne celebrazione presieduta dal Cardinale 
          Arcivescovo; foto tratta da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          La chiesa è in realtà 
          uno spazio religioso di oltre 10 
          mila metri quadrati, 
          che sorge 
          in via Val della Torre, 
          proprio dove anni fa c’erano gli altiforni delle acciaierie Fiat. 
          Comprende non solo l’edificio sacro, gli uffici parrocchiali ed una 
          cappella iemale, 
          
          
          
          ma anche un centro 
          congressi sotterraneo (è molto presente nelle opere di Botta questa 
          necessità di spazi polivalenti per la catechesi, le conferenze, i 
          dibattiti), oltre ai nuovi uffici della Curia diocesana ed annessi 
          parcheggi. Una struttura colossale. 
          
          
          (Pianta del 
          primo piano della Chiesa del Sacro Volto in Torino; foto tratta da
          
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
           Per 
          la sua collocazione che offre una particolare visibilità da Piazza 
          Piero della Francesca, la nuova chiesa si presenta con un impianto a 
          carattere monumentale, segno fortemente plastico capace di indirizzare 
          l’attenzione del visitatore verso uno spazio centripeto; una presenza 
          che non risulterà certo indifferente al tessuto dell’intorno. 
          
          
            
            «Nei primi tre anni 
            ho seguito soprattutto i lavori del complesso –afferma don Giuseppe 
            Trucco, parroco della Chiesa del Santo Volto-, ma riservando sempre 
            la dovuta attenzione agli stuoli di famiglie che nel frattempo si 
            insediavano attorno: sono circa 12 mila persone già residenti, che 
            arriveranno a 15 mila. Sono famiglie in prevalenza giovani, con 
            molti bambini e ragazzi».
          
          
          E’ questo 
          un segno che richiama l’impegno per la costruzione della città 
          attraverso i suoi monumenti più significativi, un’immagine capace di 
          testimoniare in termini positivi pur nella contraddittorietà della 
          contemporaneità. 
          «L’intento pastorale –continua il parroco del Santo 
          Volto in Torino- è di formare una comunità di grande partecipazione e 
          condivisione, in tutti i campi. Oltre ai programmi diocesani, si vuol 
          mettere al centro dell’attività la formazione perché i cristiani non 
          siano tali soltanto per anagrafe, ma per scelta, consapevoli».
          
          foto tratta 
          da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          Questo progetto adotta il linguaggio di oggi ma ricerca 
          nella storia delle tipologie ecclesiali la ragione di esprimersi. È 
          questa la scommessa dell’architetto che deve essere assunta come 
          speranza verso quel bisogno di spiritualità che sorregge l’operare 
          quotidiano. La scommessa è che i sentimenti suggeriti dalla Chiesa del
          Santo Volto a Torino non restino unicamente patrimonio 
          dell’architetto ma che possano invece essere condivisi dalla comunità 
          torinese visto che il ruolo dell’architettura è soprattutto riuscire a 
          essere interprete delle speranze del proprio tempo.
          
          «Per la città 
          -ha aggiunto il 
          cardinale- 
          penso sia un valore 
          aggiunto anche dal punto di vista artistico, e unico esempio in 
          Piemonte di architettura sacra di prestigio di questo tempo. Non 
          vorrei che questi ultimi decenni fossero in futuro ricordati come il 
          secolo dei supermercati, dato che tante chiese sono state fatte con 
          impostazioni ridotte, quasi irriconoscibili. Certo, dall’esterno la 
          costruzione può destare un po’ di meraviglia. Le sette torri che 
          cercano la luce dall’alto indicano proprio l’uomo che cerca la verità, 
          e non può non trovarla che in Dio. Questa chiesa dice all’uomo: “Sali 
          verso il cielo, verso la luce di Dio, per conoscere la verità”. 
          L’interno, poi, è di una bellezza straordinaria».
          
          
          
          
          (foto tratta dal sito 
          
          
          www.mariobotta.ch)
          
           
          
          La nuova chiesa non è, 
          però, soltanto un mero edificio grandioso, una sorta di mausoleo 
          mastodontico. Essa vuole essere - al contrario- una parrocchia più che 
          mai viva. 
          
          «Una delle più belle definizioni –dice il cardinal 
          Poletto- di parrocchia è: la chiesa tra le case degli uomini. Questa 
          parrocchia, dunque, non è un circolo chiuso, dove si cerca di 
          accogliere soltanto chi viene, ma deve essere attenta a tutti, deve 
          fare una conversione missionaria, come tutte le parrocchie.
          Insomma, indica 
          la volontà di contattare le famiglie che abitano in questi palazzoni 
          enormi, cresciuti anche qui attorno alla chiesa, per portare loro 
          l’annuncio di Cristo, per fare insieme un cammino di fede». 
          
          
          
          
          (foto tratta dal sito 
          
          
          www.mariobotta.ch)
          
          La chiesa 
          del Santo Volto 
          si presenta a pianta centrale, 
          è connotata da sette torri perimetrali alte 35 m 
          perimetrali ognuna 
          delle quali porta una luce zenitale all'interno dell'aula. 
          
          
          Durante la costruzione era molto ben visibile il 
          disegno della stella a sette punte. Al di sotto dell’area di culto, 
          rialzata in corrispondenza del presbiterio, è ospitata 
          una sala auditorium sotterranea (attrezzata in maniera polivalente) e 
          una serie di locali contorneano la chiesa nei quali presto si 
          sposteranno gli uffici della curia torinese. L’intera superficie, fra 
          il fabbricato chiesa e locali curiali, misura 12000 metri quadrati.
          
          
          «Sotto 
          la chiesa e il sagrato sarà realizzato, un centro congressi per le 
          attività pastorali. Accanto sorgeranno una cappella feriale, spazi 
          amministrativi della Curia Metropolitana e ambienti per le attività 
          parrocchiali su un edificio a tre piani perpendicolare al precedente. 
          La torre della ex ciminiera delle acciaierie sarà conservata e avvolta 
          da una struttura elicoidale, che dà un senso di ascensione, sulla cui 
          sommità sarà sistemata una croce. La costruzione sarà realizzata con 
          rivestimento di mattoni fatti a mano rosati, prodotti dalla Fornace 
          Ballatore con selezionate le terre del Piemonte». 
          [Mario Botta]
          
          
          (L’interno 
          della Chiesa del Sacro Volto in Torino; foto tratta da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          L'interno 
          della chiesa si presenta molto luminoso -grazie ai raggi di luce che 
          penetrano perpendicolarmente dalle alte torri- ha una capacità di 
          circa 1000 posti –di cui 700 sedute-. 
          
          
          Posteriormente l'altare si evidenzia il Santo Volto della Sindone -cui 
          è stato dato un effetto pixel- semplificato con una tecnica di 
          testurizzazione dei mattoncini di terracotta posti in rilievo. 
          
          
          
          
          (foto tratta dal sito 
          
          
          www.mariobotta.ch)
          
           
          
          Il nome della chiesa è 
          un evidente riferimento alla cristianità cittadina ed alla custodia 
          della Sacra Sindone in Torino. 
          
          Il “dato luce”, 
          incontrovertibile nell’architettura bottiana, nasce dalle sette torri, 
          attraverso i lucernari angolati a 45 gradi che convogliano la luce 
          zenitale al di sotto, all’interno della struttura, ed in sette volumi 
          bassi, che compongono le sette cappelle. 
          
          
          
          
          (foto del cantiere da: 
          
          
          http://www.ballatore.it/news_dettaglio.asp?id=23)
          
          Il numero “sette” non è 
          casuale… Difatti è stato scelto dall’architetto per gli evidenti 
          segnali religiosi e simbolici. Il simbolismo numerico in Botta, 
          allusivo e prelusivo della soteriologia rimanda sovente alle Sacre 
          Scritture, in una forma minimale, a volte scarna, quasi geometrica, 
          fatta appunto di piani e superfici, materiali poveri che sottolineano 
          questa necessità dell’uomo di catarsi in un’inquieta nostalgia delle 
          origini. È decisamente un “primitivismo” quell’estetica bottiana, così 
          incline alla citazione semplice, visiva dell’eidos che è 
          immagine-pensiero. 
          
          
          (L’interno 
          della Chiesa del Sacro Volto in Torino; foto tratta da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
           
          
          Usuale l’impostazione 
          della gerarchizzazione delle superfici, della divisione degli spazi 
          liturgici, forse l’unico richiamo alla classicità di una “forma” 
          stereotipata nel contenuto, con l’abside è in asse con l’ingresso. 
          L’elemento innovativo è lo sfondo del presbiterio, costituito da uno 
          sfondo, un fondale, che sapientemente, grazie alla texturizzazione dei 
          mattoni ed al conseguente gioco di luci e ombre ha consentito di 
          proiettare sulla parete l’immagine Sindonica. 
          
          Di giorno, la chiesa è 
          illuminato internamente da una luce zenitale, che produce sfumature 
          dissimili in base al corso del sole. Questo il volere, molto ben 
          riuscito in quest’opera, dell’architetto elvetico, 
          sempre attento al dato luministico interno alle sue creazioni.
          
          
          
          
          
          (foto tratta da 
          
          
          http://www.ballatore.it 
          in cui son visibili le piastrelle in vetrocemento durante la 
          costruzione della chiesa)
          
           
          
          Di 
          notte, per contro,
          ha luogo 
          il contrario: la luce non naturale
          dell’interno 
          è irradiata all’esterno, attraverso 700 piastrelle in vetrocemento, 
          posizionate nelle torri. 
          
          
          
          
          (Le piastrelle di vetrocemento dall’interno; foto 
          tratta da 
          
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
           
          
          Non solo: la facciata 
          principale è “segnata” da una croce vetrata, con il braccio verticale 
          di 22 metri e quello orizzontale di 8: anch’essa illuminata 
          dall’interno, è rivolta verso la città. L’ex ciminiera è stata 
          conservata per ricordare la presenza operaia nel quartiere, ed è 
          avvolta da una struttura elicoidale, che dà un senso di ascensione, e 
          sulla sommità è posta una croce. 
          
          
          Ciò che pone in “continuità” il passato laborioso 
          dell’area “spina 3” con l’attuale complesso parrocchiale –inserito 
          nell’erigendo quartiere- è il campanile. Esso è il manifesto elemento 
          di successione –una sorta di trait d’union- tra l’antecedente 
          acciaieria e l'attuale chiesa. 
          
          Il 
          campanile diviene il “continuum” che, senza sovrapporsi al passato, 
          intende risuonare –come Cristo- nella storia, lascia l’immagine della 
          vecchia ciminiera. È così che il campanile non resta un mero elemento 
          decorativo, un post-moderno segnale puerile o retorico. 
          
          
          
          
          (La sezione 
          del progetto della Chiesa del Sacro Volto in Torino, con la ciminiera 
          avvolta dall’elemento elicoidale; foto tratta da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
           
          
          Merita un discorso a sé 
          stante la riscoperta di un simbolo –quasi citazione di archeologia 
          industriale- ciminiera svettante recuperata per farne l’elemento 
          cardine della cristianità il campanile, alla cui sommità svetta 
          l’emblema cristico, la Croce. 
          
          «Essa vuole ricordare 
          –sottolinea il cardinal Poletto- che in questa zona esistevano 
          ferriere e stabilimenti. È quindi, un atto di omaggio alla storia di 
          una città industriale come Torino. Vuol dire che il lavoro non è 
          avvilente, ma nobilita l’uomo. In questo modo, il sudore di tanti 
          padri di famiglia, che qui si sono guadagnati il pane giorno dopo 
          giorno, mi pare venga esaltato, nobilitato e ricordato nel tempo».
          
          
          
          (L’elemento 
          elicoidale del campanile-ciminiera della Chiesa del Sacro Volto in 
          Torino; foto tratta da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          
          Mario Botta pensa ad un segnale che -avvolto da una 
          struttura metallica elicoidale- dà il senso dello slancio verso la 
          Croce, posta alla sommità del fumaiolo. Le campane sono ubicate ai 
          piedi della ciminiera, di fianco alle gradinate che danno accesso al 
          sagrato.
          
          «La ciminiera è 
          –sottolinea lo stesso Botta- una presenza, una memoria della cultura 
          operaia che ha visto grandi fatiche su questo territorio. La 
          caratteristica della cultura della città europea è quella di avere una 
          stratificazione storica: non azzerare il tessuto preesistente, ma 
          creare una complicità. Noi abbiamo voluto segnare la presenza delle 
          grandi acciaierie che contraddistinguevano questo luogo con la 
          permanenza della ciminiera, che è stata “corretta” con la forma 
          ellittica che termina con la croce».
          
          Come 
          molte altre città europee anche 
          Torino 
          sta sfidando -in questi ultimi decenni- la scommessa di nuove profonde 
          trasformazioni che hanno modificato e trasformeranno radicalmente il 
          suo tessuto urbano. Molte delle innumerevole –e talvolta vaste- aree 
          industriali dismesse nel seno della città attribuiranno in un prossimo 
          futuro nuove ispirazioni. 
          
          Questo è 
          per l’Europa, lo è stato per gli Stati Uniti d’America, ed ora è anche 
          per Torino, che da città industriale si sta velocemente tratteggiando 
          come nuova realtà post-terziaria. 
          
          È in 
          questo contesto di importanti trasformazioni che il progetto del 
          Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo della città, e realizzato 
          dall’elvetico Mario Botta ha preso corpo. La Chiesa Parrocchiale del 
          Santo Volto è l’icona –nell’accezione più greca del termine- di una 
          costruzione su un’area ex industriale. Sorge al posto delle acciaierie 
          in via Borgaro di un centro liturgico-comunitario che vede la 
          costruzione di una chiesa -dedicata al Santo Volto nella città che è 
          custode del Sacro Lino Sindonico-, dei relativi servizi parrocchiali, 
          nonché di tutti gli uffici della Curia Metropolitana e di una sala 
          congressuale. Quest’ultimi spostamenti hanno voluto significare una 
          sorta di devoluzione della sede storica della Curia Arcivescovile 
          torinese in un nuovo quartiere, in una sede che ha fatto discutere 
          dalla sua edificazione e segnerà il typos per molte altre realtà 
          diocesane. 
          
          (Gli uffici 
          della Curia e della Parrocchia del Sacro Volto in Torino; foto tratta 
          da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          Per Mario 
          Botta realizzare oggi uno spazio religioso entro un tessuto 
          sociale-multietnico -di una comunità sempre più secolarizzata- 
          rappresenta una sfida. Per riuscire in questo duro ed ardito confronto 
          –fra l’artista che vuole esprimer un credo ed una società 
          secolarizzata- occorre scontrarsi con il disegno e l’immagine della 
          città. 
          
          Difatti 
          progettare una nuova chiesa è un’eccezionale occasione per riguardare 
          criticamente le modificazioni rese operative dalla cultura moderna. Si 
          può parlare di vere e proprie metamorfosi che posso dare il nuovo 
          “senso” della realtà urbana spiritualizzata e tentare di incidere -o 
          addirittura correggere- le abbondanti slogature conseguite dalle 
          recenti urbanizzazioni. 
          
          
          (Mario 
          Botta e sullo il fondale raffigurante il Volto Sindonico nella Chiesa 
          del Sacro Volto in Torino; foto tratta 
          
          http://www.comune.torino.it)
          
           
          
          Orbene si 
          profila la figura professionale dell’architetto/demiurgo che 
          ri-definisce l’urbano e ne corregge le impostazioni malevole, gli 
          sbagli, fornendo –utilmente- strumenti e simboli dell’adesione alla 
          giusta soluzione. Un architetto che è anche istruttore, che amministra 
          e converge l’agire umano verso i tria munera di agostiniana 
          memoria: docendi, edificandi et santificandi. 
          
          
          Il tema 
          della chiesa ha una sua propria storia millenaria e ha sempre 
          rappresentato un punto di riferimento con attività e servizi preziosi 
          per la crescita e la qualità del tessuto dell’intorno. 
          
          
          (Veduta 
          dall’alto delle sette torri della Parrocchia del Sacro Volto in 
          Torino; foto tratta da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
           
          
          Con la 
          costruzione della chiesa si persegue uno spazio di dialogo e di 
          confronto dentro la complessità e la contraddittorietà del tessuto 
          urbano quale momento di pausa, spazio alternativo agli obiettivi 
          strettamente “tecnici e funzionali” ai quali fanno oggi riferimento le 
          spinte di crescita della città. 
          
          Con la 
          chiesa si vuole riportare all’attenzione del cittadino un territorio 
          di memoria con la sua stratificazione storica che trova nel presente 
          una naturale continuità che parla della sensibilità del nostro tempo e 
          che testimonia le nostre attese, le nostre speranze. 
          
          
          (L’interno 
          della Chiesa del Sacro Volto in Torino; foto tratta da 
          
          http://www.diocesi.torino.it)
          
          «Una nuova chiesa é luogo di sosta, di silenzio, di 
          preghiera che, attraverso l’architettura, riafferma i valori di 
          autentico umanesimo della cultura cristiano-occidentale per riproporli 
          oggi quali premessa per un’autentica accoglienza all’interno della 
          comunità. Il fatto architettonico, in quanto opera che agisce come 
          modello capace di definire lo spazio di vita dell’uomo non è una 
          componente neutra e immobile dentro il tessuto sociale, ma una realtà 
          che interagisce con forza offrendo, o talvolta negando, le condizioni 
          ambientali di qualità e di bellezza essenziali per accogliere 
          l’utilizzatore. La bellezza, pur modellata attraverso i canoni e la 
          sensibilità del nostro tempo, è parte essenziale dei valori e delle 
          emozioni che inconsciamente tutti noi cerchiamo nella città. Si può in 
          tal senso forse dire che il vero obiettivo di questa nuova 
          realizzazione è quello di offrire una nuova qualità urbana» [Mario 
          Botta]. 
          
          Quindi, 
          per l’architetto così come per tutti gli altri fruitori della città, 
          anche i servizi tecnico-funzionali ricercati per quest’azione prendono 
          nuovi significati simbolici che vogliono ripresentarci condizioni 
          urbane nuove. 
          
          Questa la 
          Chiesa del Santo Volto per me. Questo il progetto di Botta a Torino 
          –in cui committente ed architetto in maniera sistematica e come una 
          sinfonia compongono suoni liberi- dove il “cives”–una sorta di nuovo 
          pellegrino- peregrina dentro il labirinto della città contemporanea.
          
          
          Questo il 
          significo intrinseco dell’edificio –che rimanda alle sette chiese, ai 
          settenari, alle sette trombe di apocalittica memoria e rinvia a quella 
          Gerusalemme Celeste di cui tutti auspicano il ritorno e la fine ultima 
          di ogni nostro pellegrinaggio quaggiù- può ancora rintracciare 
          un’emozione grande. Entrare qui dentro è come farsi piccoli in uno 
          spazio in-divenire, farsi silenzio, impetrarsi speranza per la 
          “Beth” (ovvero Casa Celeste). 
          
          
          
          In ultimo 
          mi sia concessa un’unica notazione: la visita andrebbe eseguita 
          sommessamente, senza pregiudizi sull’estetica bottiana, sull’aspetto 
          esteriore… Insomma consentendo al fabbricato/chiesa di trasmetterci 
          quelle pulsioni che l’hanno generata. Così sottovoce -anche la nostra 
          orazione- in un luogo che prima è stato prima fabbrica ed ora chiesa, 
          per consentire una preghiera più profonda. Una visita attenta 
          consentirà un proficuo –e scaturente- interrogativo sul nostro perché, 
          sul mistero della nostra vita -però letta e dis-velata 
          nell’ottica cristiana-, in modo tale da potersi riconciliare con la 
          storia del proprio tempo, con noi stessi e lo scenario urbano, 
          inquietante –a volte- e così privo di significative immagini che ci 
          riconducano a Dio. 
          
          Monza, 
          14 settembre 2007
          
          Prof. 
          ALESSIO VARISCO 
          
          Storico 
          dell’arte
          
          Direttore 
          Antropologia Arte Sacra 
          
          
          
          http://www.antropologiaartesacra.it
          
          
           
          
          
          
          http://www.diocesi.torino.it/santovolto2006/gallery.htm;
          
          
          
          http://www.botta.ch: 
          
          
          
          
          http://www.comune.torino.it/scatTO/archivio/2006/dicembre06/20061207.shtml;
          
           http://www.ballatore.it/news_dettaglio.asp?id=23.
            Fotografie 
                          delle opere bottiane