La religione emarginata in una metropoli europea

L’invisibilità della religione nelle “regioni” marginali del sistema urbano

(ALESSIO VARISCO)

Pro manuscripto, dicembre 2000, MONZA, Técne Art Studio

INDICE:

PARTE PRIMA: DEFINIZIONE RELIGIONE NELLA SOCIETA’

0.0. INTRODUZIONE

0.1. PREMESSA STORICA

0.2. FINALITA’ SISTEMATICHE

0.3. PROBLEMATICITA’ (LAICIZZAZIONE, SECOLARISMO, ATEISMO)

0.4. DISCIPLINE

0.5. ESISTENZA OD INCONSISTENZA DEL SACRO

0.6. METODOLOGIE

0.7. DEFINIZIONE DI “RELIGIONE”

0.8. SCOPO DELLA RELIGIONE (E DUNQUE NELLA SOCIETA’)

0.9. SOCIOLOGIA DELLE RELIGIONI

0.10. SISTEMA PER IPOTESI (MODELLO DI DURKEIM)

La religione emarginata in una metropoli europea

L’invisibilità della religione nelle “regioni” marginali del sistema urbano

PARTE SECONDA: PROBLEMI DI S.D.R.

1.0. INTRODUZIONE

1.1. “PROTO-DISAGIO”: FAMIGLIA, SCUOLA, CHIESA

1.1.1. IPOTESI DI RISOLVIMENTO

NOTA DEL REDATTORE

1.2. I “DROP-OUT”

1.3. “DISAGIO FAMIGLIA”

CONCLUSIONE

BIBLIOGRAFIA

0.0 INTRODUZIONE

Il tema della “religione nella società” è largamente dibattuto ed argomentato e ne esiste una nutrita letteratura scientifico-speculativa.

Esso è di per sé autonomo nell’analisi dei fenomeni sociali.

Ed è certamente “attuale” poiché porta a riflettere su “una dimensione religiosa che cambia in una società in trasformazione”.

Oggi non esiste una figura rappresentativa determinabile.

La quotidianità, il consumo e l’individualismo caratterizzano l’uomo occidentale e la nostra percezione dell’uomo.

(L. NIKLAS, “Teorie della società”, Milano, Franco Angeli, 1994)

La “religione” nasce dall’esigenza di spiegare l’origine dell’universo, il mistero della morte, il rapporto fra uomo e natura. Se la religione provenga dalla magia, dall’animismo è difficile stabilire.

Di sicuro, stabilisce un rapporto tra uomo e realtà e non lascia l’uomo al caso o all’indecifrabilità della sua condizione. Le religioni sciolgono il mistero e, in un certo senso, nascono contro il mistero.

La insostituibilità delle religioni sembra dovuta al fatto che esse costituiscono una spiegazione di esigenze che non sono tenute in conto se non, appunto, dalla religione, sia pure in forma mitologica o di esigenze che trovano nella religione una risposta che non sempre le altre manifestazioni fondamentali dell’uomo, quali la filosofia, la scienza, la ideologia hanno capacità di affrontare o di risolvere.

La religione è favorita in quanto non risponde ad alcun criterio di spiegazione razionale o scientifica.

Le altre concezioni, esposte alle verifiche razionali o storiche, sono vulnerabili giacché hanno bisogno di provare quel che garantiscono.

La religione ha la sua garanzia esclusivamente nella volontà di credere del soggetto.

Dal punto di vista sociologico la religione è tenuto il altissimo conto perchè reputata garante dell’ordine e della coesione sociale. Quantunque proiettata sovente in mondi al di là da venire e sovrumani la religione ha un potentissimo e concreto effetto sugli uomini in questo mondo.

(A. Saccà, Marx contro Marx, 1983)

0.1 PREMESSA STORICA

Nella storia della Sociologia vi sono stati più studiosi che lo hanno argomentato ed affrontato.

Si pensi che la Sociologia stessa nasce studiando i fenomeni psicologici di integrazione dell’individuo nella società, ovverosia in quell’insieme di Leggi e di Istituzioni che articolano la convivenza -una sorta di filosofia costituzionale che trova lo studio in un substrato psicologico.

Dal punto di vista fenomenologico tutti i popoli del continente ne sono coinvolti.

Le antiche “religioni” costruivano nuovi fermenti aggregazionali interrogandosi e originavano così le prime cellule sociali.

Si entra nello scenario delle religioni ove le interrogazioni trovano risposta in un sistema liturgico che è -forse- l’unico collante.

Così è stato si pensi fino alla laicizzazione ad opera del movimento illuminista e del razionalismo poi, determinazione infine della vivacità delle religioni che tendono a suadere le interpellanze.

0.2 FINALITÀ SISTEMATICHE

La tipologia dell’uomo che è alla ricerca di un “senso”, ai suoi numerosi quid che trascendono la realtà umana, si suole identificare come “homo religiosus”.

Le diverse espressioni artistiche, formazioni culturali e strutture sociali ne sono coinvolte in questa sequela alla scoperta dei perchè ultimi.

Fondamentale di questa esperienza è la smania e la creatività nel creare sistemi religiosi che si manifestano in una differenziazione di costumi.

Nessuna religione e/o popolo(*), può sfuggire a quel magnetismo verso problemi che trascendono la realtà visibile udibile e percepibile dall’uomo e quindi la costruzione di schemi che possano, come si diceva, rispondere ai grandi quesiti. La costruzione così di sistemi funzionali di pensiero e di norme.

(*) che poi è la stessa cosa poichè l’etnia e/o l’appartenenza ad un clan è dipesa dall’aderenza alla tradizione religioso-comportamentale base inoltre per i diversi modi di compattarsi-.

0.3 PROBLEMATICITÀ

(LAICIZZAZIONE, SECOLARISMO, ATEISMO)

Lasciando alle spalle tutta la problematica che influenza quest’oggi lo studio delle Scienze Religiose(*), quest’oggi si assiste ad una “laicizzazione”, seguita dalla “secolarizzazione” e ad un crescente dilagare dell’“A-teismo”.

A questo riguardo ci si potrebbe perdere nella seguente distinzione largamente usata:

· Ateismo scientifico

· Ateismo filosofico.

(*) Nonché delle molteplici discipline intese a sanare l’analisi speculativa, e in particolare quell’influsso determinato dalla diffusione di una “gnosi orientale” in bacini definiti, alla vecchia maniera “Antico Continente”, o meglio -dal punto di vista economico- “Occidentale” oltre alla crescente diffusione negli “Ambienti Orientali” di un pensiero laicizzante in modo particolare riferibile in quelle terre ove l’insediamento della religione poteva essere un fatto “fontale” per la società stessa -mi riferisco all’Asia e all’Africa- che vedono perdere quel senso “forte” della religiosità che invece permeava fino a qualche decennio fa il sub-strato culturale e sociale di aggregazione

Il nostro punto di vista è inficiato particolarmente da una critica radicale alla religione che vede i suoi presupposti in un pensiero scientifico-filosofico di stampo occidentale e in un conseguente modello di scienza e tecnologia. Entrambi -si è concordi nell’affermare- derivano da uno schema prettamente occidentale, intendente a decodificare i prodotti della società.

Le tipizzazioni, gli schemi interpretativi e i modelli di condotta contenuti in una concezione del mondo non sono “unità di significato” separate ed isolate, ma sono ordinati secondo una gerarchia di significanza. Formalmente parlando, questo ordinamento gerarchico di significati costituisce un’essenziale caratteristica “strutturale” della concezione del mondo. Tuttavia, l’ordinamento concreto degli elementi in una concezione storica del mondo, è una caratteristica che la distingue empiricamente da altre concezioni storiche del mondo. La straordinaria ricchezza delle trasformazioni di significato e la varietà storica delle gerarchie di significanza non ci consentono un’analisi dettagliata.

(T. LUKMANN, “La religione invisibile”, 1963)

0.4 DISCIPLINE

Le scienze che studiano i fenomeni d’identificazione religiosa possiamo definire partendo da una teologia razionale passando poi alla teologia delle religioni, l’antropologia religiosa, la sociologia, la psicologia, la psicoanalisi della religione (che hanno avuto un grande sviluppo in modo particolare in quest’ultimo secolo. ) ci possono condurre ad un’approfondita analisi speculativa.

Ai fini di detta trattazione, per il limitato raggio d’applicazione, ci basti solo sapere che esistono.

0.5 ESISTENZA OD INCONSISTENZA DEL SACRO

La società tecnico-industriale, che pareva essere e sembra aver distrutto una richiesta di sacro, ha ridotto la valenza simbolica di quei simboli religiosi considerati tradizionali e ha puntato sull’utile smorzando l’influsso della religione nella società.

Alcuni studiosi considerano il cristianesimo senza religione, altri distinguono fra un “sacro” -come istituzione che rappresenta specifiche strutture storiche e la “tensione religiosa originaria dell’uomo”, che sarebbe espressione dell’autenticità religiosa nel cuore umano-.

Secondo questa logica le istituzioni religiose devono continuamente rinnovarsi o cedere il posto a nuove manifestazioni di religiosità, atte ad avere senso per l’uomo contemporaneo.

(*) Il Sacro si manifesta sempre come una realtà affatto diversa dalle relatà “naturali”. Il linguaggio può ingenuamente esprimere il tremendum, o la maiestas o il mysterium fascinans con gli stessi termini usati nel mondo naturale o nella spirituale profana dell’uomo. Ma questa terminologia analogica è giustamente dovuta all’impossibilità di esprimere il ganz andere; il linguaggio è limitato a suggerrire ciò che oltrepassa l’esperienza naturale dell’uomo per mezzo dei termini da essa stessa usati.

(vedasi Rudolf Otto, Il sacro, 1917)

0.6 METODOLOGIE

Sono questi alcuni motivi che dal punto di vista degli approcci, delle metodologie, a quelli che sono i problemi nello studio del fenomeno religioso occorrerebbe anzitutto chiarire poichè ci si trova difronte a tante tradizioni religiose che col passare degli anni e nella storia si sono inseguite e bisogna cercare di decodificare fra gli strati accumulatisi con il tempo.

Un lavoro del genere può essere molto faticoso, incompleto, poco neutrale, può addirittura ridurre le capacità ideative di quel fenomeno non tenendo conto dei dati oggettivi o soprattutto del “typus religiosus”.

0.7 DEFINIZIONE DI “RELIGIONE”

Mircea Eliade, grande studioso dell’antropologia religiosa, ha fatto notare che gli occidentali non dispongono di un termine preciso di religione per significare l’esperienza del “sacro”.

Il Sacro ed il profano sono due modi d’essere del mondo, due situazioni esistenziali assunte dall’uomo nel corso della storia.

(Mircea Eliade, Il sacro e il profano, (“Le sacré et le profane”, Gallimard, Paris 1965), 1967 Bollati Editore, Torino, 1984, pag. 16)

Il termine “religione” traduzione del sostantivo latino “Religio” esprime anzitutto un tipo di manifestazione “culturale” della religione e poi desunta dagli antiche romani, ma non può essere usato univocamente per indicare le correnti, le esperienze, le tradizione religiose dell’umanità orientale.

L’espressione latina è stata adottata da quasi tutte le lingue occidentali. E’ un termine, religione puramente convenzionale

(Gino Ragozzino, “Il fatto religioso”, “Introduzione allo studio della religione”, Messaggero, Padova, 1990, pag. 13)

Non cerchiamo ora all’inizio di questa trattazione di definire a livello filosofico ciò che identifica la religione.

Soffermandoci invece su quello che è l’approccio che distingue il nostro interesse per le religioni, vedremo che si tratta di un approccio prettamente fenomenologico; esso sarà motivato, alla ricerca di un fatto religioso ma non unicamente.

Esiste una pluralità di scienze religiose, il motivo è dato dal fatto che ogni religione è vissuta da un uomo, da un uomo che differisce dagli altri con cui però interagisce, ma quest’uomo risulterà costituito da diverse valenze o fattori, da una differenziazione dei caratteri di relazionalità, in modo particolare di emotività, di razionalità ed intuizione, e potremmo quindi identificarlo sotto diverse specie: Homo sapiens, Homo ludens, Homo faber, Homo symbolus, Homo rationalis, relazione e poi ancora sociale capace di cogliere le valenze: artistiche, metafisiche economiche, scientifiche, tecnologiche e poi via-via tutte le altre.

L’Homo Religiosus sentiva il bisogno di vivere sempre nel Centro del Mondo, ... di non perdere il contatto con l’Axis Mundi, al fine di non allontanarsi dal Centro e non perdere il contatto con il mondo sovraterreno.

“ll Santissimo ha creato il Mondo come un embrione. E proprio come l’embrione si sviluppa dall’ombelico, Dio ha cominciato dall’ombelico la creazione del Mondo e da esso il Mondo si è espanso in ogni direzione”. E poichè l’ “Ombelico della Terra”, il “Centro del Mondo” è la Terra Santa, Yoma afferma: “Il mondo è stato cerato da Sion”.

(Mircea Eliade, Il sacro e il profano, (“Le sacré et le profane”, Gallimard, Paris 1965), 1967 Bollati Editore, Torino, 1984, pag. 33)

0.8 SCOPO DELLA RELIGIONE (E DUNQUE NELLA SOCIETÀ)

La religione quindi coglie il senso ultimo. Coinvolge tutte le componenti, le valenze, le dimensioni e le istanze, non si identifica con l’arte, la scienza, l’etica e la tecnica; è altro rispetto a queste, mantiene una sua specifica irriducibilità e quindi una non riduzione. Coglie l’uomo nella totalità polimorfica, dalla sua coscienza, infine nella sua condotta, nei suoi comportamenti: l’istanza di dover essere studiata sotto i più diversi punti di vista con strumenti di ermeneutica differenziati che possono tradurre i segni, i gesti che compongono questa religione diffusa nella società.

Il calendario delle feste costituisce un ritorno periodico delle medesime situazioni primordiali, e di conseguenza la riattualizzazione dello stesso Tempo sacro. La più grande speranza dell’uomo religioso (homo religiosus) è costituita dalla riattualizzazione degli stessi eventi mitici (N.d.r.: Vedasi “Le mythe de l’éternel retour”). E grazie a questo “eterno ritorno” alle fonti del sacro e del reale, l’esistenza umana si salva dall’annientamento e dalla morte, si vedrà poi il “mito” e la pratica del “rito”...

(Mircea Eliade, op. cit., pag. 70)

Questi aspetti non possono non essere presi ad esame in questa seppur breve trattazione. Desidero quindi trattare attraverso la manifestazione di approccio alla religione a quella che secondo me potrà essere l’identificazione di una manifestazione del dato religioso al di là però del dato religioso come fatto fontale dell’esperienza nella società.

0.9 SOCIOLOGIA DELLE RELIGIONI

Andreè Rousseau così scrive nel Primo Volume del suo Grande Dizionario delle Religioni

Sociologia delle religioni ha come oggetto i rapporti fra le religioni e la società. Si fornisce una definizione comprensiva ma limitata di questa disciplina.

(Sociologia delle Religioni, in Grande Dizionario delle Religioni, M-Z, Cittadella editrice, Assisi, Edizione Piemme, Casale Monferrato, 1988, pag. 1998).

I rapporti fra religione e società sono dunque il sistema che si intende studiare e la religione come fenomeno sociale sta alla base dello studio analitico di detta disciplina.

La religione influisce nella società.

E la società influisce nella religione?

Forse solo nel vissuto dell’uomo religioso

Ma tutto questo come avviene, tutto questo è stato trattato da Auguste Comte, Carl Marx, Max Weber, George Simmel ed è necessario cogliere il contesto di questi documenti religiosi, delle analisi fenomenologiche per non cadere nell’astrattismo o peggio ancora in un nebuloso pressapochismo.

La problematica maggiore è che non vi sono fatti religiosi allo stato puro. Sociologia delle Religioni dunque è funzionale allo studio dei messaggi religiosi, la sociografia delle pratiche religiose e la costituzione delle medesime.

A livello storico la Sociologia delle Religioni ha fatto uso di metodi differenziati che in taluni casi erano influenzati da una specifica filosofia od ideologia.

Vi è stato un approccio morfologico-tipologico che si fonda sulla diversità fenomenica delle religioni; così si sono classificati tipi di esperienze, le modalità di appartenenza e di organizzazione. Un metodo funzionale che parte dall’idea secondo cui la realtà sociale consiste in un intreccio di forze interdipendenti. Nel caso delle società primitive si è voluto oggettivare alcune funzioni della religione come integrazione della società. La sacralizzazione dei valori sociali, l’integrazione dell’individuo nel gruppo

Procede come peraltro altre discipline per ipotesi.

0.10 SISTEMA PER IPOTESI

(MODELLO DI DURKEIM)

Quella durkemaniana, che prendiamo a modello, di una sociale degli schemi di pensiero e di azioni attraverso la costruzione metodica dello spazio proprio in cui agiscono gli specialisti della religione, e attraverso l’analisi delle classi sociali. Diviene così strumento epistemologico che permette di rendere a confronto del convertirsi delle strutture sociali di strutture mentali, a livelli differenti a seconda della struttura della società e delle classi sociali.

Le religioni diffondono percezioni mentali del mondo sociale che sono adatte a confermare questo mondo e a contestarlo.

(Andreé Rousseau, op.cit., pag. 2000)

1.0 INTRODUZIONE

[Nella trattazione di questa seconda parte ho inserito numerose testimonianza raccolte dall’Archivio del C. S. A. (Centro Sociale Ambrosiano, con sede presso il Palazzo dell’Arcivescovado) di Milano e dall’Agenzia per le Tematiche Sociali Giovanili della Fondazione Mons. Moneta, oltre ai numerosi contributi dell’Arcivescovo proprio sui fatti della dis-gregazione e di deliquenza citando il “formarsi” di detti episodi dalle loro famiglie d’origine (vedasi l’Illustrazione dei volti del Padre qui citata)]

La condizione sociale delle periferie urbane è uno degli aspetti più sconvolgenti delle grandi metropoli.

Anche il Capoluogo di regione della Lombardia, Milano -metropoli da oltre un milione di abitanti- ritenuta capitale economica dell’Italia Settentrionale (quantomeno mercato di numerosi “negozi” in quanto sede istituzionale degli affari attraverso la Borsa valori), ed il suo hinterland (che oggi studiosi considerano questa addizione “metropoli + periferia e circondario = Megalopoli”) vive la crisi ed il disagio socio-religioso.

Crescenti e frequenti episodi di microcriminalità e di delinquenza fanno da sub-humus alla vita cittadina, colpendo aree più periferiche tramutandole in bronx.

E’ di questi primi nove giorni del 1999 l’uccisione di ben nove persone (nei primi nove giorni dell’anno).

Un dato che fa riflettere e che al di là del semplice reporteges da rotocalco evidenzia massimamente i conflitti fra residenti e nuove ondate migratorie (in particolare mi riferisco alle manifestazioni del sabato 16 gennaio 1999 e la successiva del successivo 23 a difesa della conservazione dell’area dismessa in cui a detta delle forze dell’ordine si anniderebbero solo gli “homeless (*) irregolari senza permesso di soggiorno”).

(*) Utilizzo questo termine per sottolinearne la vicinanza di detto disagio a quello presente nella gran parte dei paesi dell’America Settentrionale, dove però identifica maggiormente quegli individui meno abbienti che non hanno un alloggio né un lavoro (non necessariamente emigrati extra-comunitari o profughi)]

A questo problema si aggiunga l’inculturazione e la pacifica convivenza di pratiche di culto differenti.

Il problema emergente si intende essere solo “inculturazione” o molto più specifico e poliedrico?

Indubbiamente come riferisce Carlo Maria MARTINI, Arcivescovo di Milano, è un problema non solo di disagio criminoso, e quindi estirpabile solo dall’ordine pubblico, bensì un problema morale che interroga la coscienza di tutti i cittadini.

Un disagio, o meglio, una crisi morale.

In data 10 gennaio 1999 così si esprime il metropolita milanese:

Questa drammatica situazione ci invita a verificarci, ad esaminarci sulle cause della violenza e sulla complicità della società. Quante volte anche noi siamo tentati di essere irosi, ingiusti, vendicativi nel nostro piccolo, freddi di verso le disgrazie altrui, chiusi nell’accogliere, offensivi nel parlare.

Sono tutti semi di violenza nelle nostre città.

(Omelia tenuta il 10. 01. ‘99 ad Abbiategrasso a commento dei fatti delittuosi dei precedenti nove giorni)

Il rischio che si corre, come sottolineato da alcuni osservatori del mondo cattolico, è indubbiamente la demagogia. Ed anche quivi si terrà ben conto di allontanarla.

Il problema pare appiattirsi al numero di soccorso 113 e su uno stesso quotidiano, Il Corriere della Sera, in prima pagina un editorialista auspica la cooperazione dei tre organi di polizia, smentito a pagina 5 dal Colonnello dell’Arma dei Carabinieri che afferma la partecipazione in tempo reale -astrattamente possibile, ma ahimé poco verificabile- dell’intervento dei due nuclei.

Problemi tecnicistici un poco pressapochistici che fanno sorridere dinanzi ai veri problemi, la morte di ben nove persone.

La campagna dell’informazione si sposta sul fronte “estero” e si moltiplicano editoriali a difesa del modello americano. Si intervista il Sindaco di New York, l’italo-americano Rudolf Giuliano, che afferma la sua “tolleranza zero” additandola ai giornalisti italiani per la risoluzione dei disagi periferici e a combattere la criminalità.

Il proclamare “ricette”, a difesa forse della loro poltrona, simile ad un nastro con dispositivo di autoreverse, si moltiplica esponenzialmente alla Tv. nei Talk-Show.

Il sindaco newyorkese è a capo di ben trentasettemila agenti della polizia municipale, oltre all’indipendente FBI, e pare riuscire a reggere al problema dei writers, dei delinquenti, degli spacciatori. Certo è una difesa multifunzionale, capillare che pare non consentire nessuna “svista” e New York è diventata la capitale della sicurezza e della tranquillità almeno apparentemente.

1.1 “PROTO-DISAGIO”: FAMIGLIA, SCUOLA, CHIESA

Il problema appare dunque di natura sociale, apparentemente, più che religioso.

Ma è anche fortemente legato alla “marginalità” che si manifesta in quel proto-disagio generatore del vero male: famiglia, scuola, chiesa.

La mancanza di colloquio o di confronto che i soggetti in crescita dovrebbero instaurare con le figure-chiave per la loro crescita, con i modelli di riferimento (genitori, insegnanti e sacerdoti) porta a squilibri.

Il disagio della nostra società, e le cause dei molti casi dilagati in questi giorni, è legato alla educazione che questi soggetti hanno ricevuto...

La famiglia ha il compito primario di educare e di alleviare le sofferenze aiutata dalla scuola e dalla chiesa (penso alla figura del sacerdote nelle parrocchie ai margini della nostra città...)

(Carlo Maria Card. MARTINI così si esprimeva nel Giornata Nazionale della Famiglia 1999)

1.1.1 IPOTESI DI RISOLVIMENTO

“Facciamo rinascere lo spirito civico” rispondono dai quartieri i residenti di Milano delle zone più colpite.

Rispetto degli altri e della legalità per dar vita ad nuovo spirito di convivenza pacifica in Milano.

· Come poter risolvere?

Investire per il recupero delle aree dismesse a trasformarle in veri centri sociali integrati nel tessuto urbano ripartendo dal ruolo fontale dell’istruzione

NOTA DEL REDATTORE

Inserirò ora alcune testimonianze di giovani della periferia di Monza citando le raccolte del C. S. A.; quale monzese ed ex-allievo di Cederna e figlio di una I.D.R. che insegnò dal 1977 al 1997 in quelle zone, per scelta -quindi- o -forse più- per affetto citerò dette testimonianze, tra cui alcuni miei compagni di scuola da me intervistati (Tonino e Samuele)

E a che serve andare a scuola, tanto poi non trovi lavoro?!

(Antonio, 16 anni, disoccupato di Cederna)

Mi piaceva andare a scuola perchè almeno non sei in giro e hai gli amici per scherzare ed era meno pallosa che l’oratorio dove non si poteva fare nulla.

(Gianmarco, 22 anni fa “vari lavori”)

“A scuola non conoscevo nessuno, né i Prof., né i compagni. Non ci andavo mai. Con altri si andava al Parco a fumare qualche spinello e poi in chiesa a far saltare i cessi dell’oratorio o a pasticciare i muri”.

(Tonino, “drop-out” di Cederna -da me intervistato-)

1.2 I “DROP-OUT”

I “drop-out” sono alcuni giovani, per la maggior parte sotto i vent’anni, che vivono sia nei quartieri della periferia sud che in quella nord di Gratosoglio e nella case popolari di Cederna e San Rocco a Monza.

Provenienti da famiglie meno favorite sul piano sociale, spesso con molti figli, coi genitori talvolta esclusi dal mercato del lavoro o inseriti in esso in condizioni di marginalità. I ragazzi stessi spesso, oltre a non studiare, si trovano in condizioni di non-occupazione o sottoccupazione talvolta di emarginazione sociale. Probabilmente i loro percorsi scolastici, segnati da ripetute delusioni e numerosi insuccessi, sono stati determinati oltre che da fattori individuali, anche da fattori ambientali e culturali legati alla famiglia d’origine, che hanno inciso sulla motivazione dell’apprendimento e sulle loro opportunità di riuscita (si veda E. BESOZZI, Differenziazione culturale e socializzazione scolastica, Vita e Pensiero, Milano 1983).

L’abbandono definitivo della scuola o lo spostamento da un indirizzo all’altro, è avvenuto solitamente nel corso del primo biennio di scuola secondaria superiore e in qualche caso, fortunatamente raro, i ragazzi non hanno neppure terminato la scuola dell’obbligo.

Questo racconto esemplifica bene la situazione di disagio nei confronti della propria famiglia, dell’istituzione scolastica e di se stesso, di uno dei tanti giovani drop-out da me avvicinati:

A scuola non conoscevo nessuno, i professori non mi capivano, mi interrogavano e mi davano brutti voti. Così mi sono stufato.

Mi vergognavo di portare a casa sempre voti neri.

I miei lavoravano tutto il giorno e io invece di andare a scuola ho cominciato a stare in giro [...]

Sono stato bocciato tre volte. La prima alle elementari, in quinta; poi alle medie in seconda perchè ho menato un compagno e tirato una penna al Preside.

Adesso mi ero iscritto all’IPSIA, quella degli elettricisti, ma ci son andato per un po’ poi mi padre s’è ammalato e l’ho aiutato... Siamo sette fratelli ed io il primogenito.

(Samuele, 17 anni, fa qualche “lavoretto in nero”, è un drop-out)

Oltre al fattore del disimpegno personale nei confronti dello studio, presente in molti ragazzi, bisogna tenere conto delle situazioni presenti nelle loro famiglie d’origine, dei loro limiti e della mancanza di stimoli, che inducono i ragazzi ad una crescente perdita d’interesse, cosicché dopo una serie di insuccessi la scelta dell’abbandono sembra inevitabile.

Per loro la scuola e la chiesa sono meri luoghi di distrazione, ove attraverso:

Ho sempre pensato che la mia vita è fuori dal lavoro. Purtroppo per sopravvivere bisogna lavorare; a me il mio lavoro piace, però penso che la mia vita sia fuori dell’ambito del mio lavoro.

(Andrea, 25 anni, operaio di Cederna, Monza)

In queste situazioni si riscontra che, spesso, la decisione di proseguire gli studi e la scelta del tipo di scuola è lasciata ai ragazzi stessi, senza che i genitori o gli insegnanti delle scuole medie abbiano un ruolo decisivo, cosicché talvolta l’insuccesso scolastico dipende anche da una carenza di azioni orientative (1).

Molto raramente si è riscontrata tra questi giovani un’intenzione ben precisa di riprendere a studiare, sostenuta in parte dalla consapevolezza della difficoltà ad inserirsi sul mercato del lavoro senza un adeguato titolo di studio o dal desiderio di migliorare la propria posizione attuale, in parte dal disagio di percepirsi quasi totalmente sprovvisti delle più elementari nozioni culturali.

Comunque, il tentativo di integrare o completare(2) in qualche modo la propria formazione, il più delle volte, viene rimandato ad un momento futuro non meglio precisato e difficilmente è fatto oggetto di un piano operativo attuabile nel presente.

N.d.r. :

(1)come I.D.R. in molte scuole superiori del circondario monzese posso dire che non è un luogo comune ma una realtà pesante ma poco risolta.

(2)Come I.D.R. presso i Corsi serali dell’Istituto Professionale Statale Tecnico per Programmatori “GIORGI” di Milano (servizio prestato nell’anno scolastico 1999/2000) posso portare l’esempio di molti giovani ed adulti -alcuni già diplomati al serale- che per aumentare la loro qualificazione e “mobilità” nel proprio lavoro in azienda frequentavano i corsi serali di periti elettronici per accrescere -con un altro diploma- li loro bagaglio professionale ed evitare la morsa dei licenziamenti, cassaintegrazione.

Per questi -una percentuale molto esigua di avvalentisi all’I.R.C., circa il 5% nell’anno 1999/2000- l’ora di I.R.C. è stata un laboratorio in vista della “tesina”, con preparazione al colloquio orale e di indagine alla scientificità della fede mediante l’apporto delle “scienze religiose”; grazie a questa didattica, si è riusciti ad evitare “fughe” prima del suono della campanella delle 21.40...

Le lezioni erano quasi individuali ma abbiamo costruito molto.

Devo a molti di loro la spinta propulsiva per l’elaborazione di questa mio elaborato ed il crescente interesse e ri-accostamento a molti miei ex-compagni delle scuole primarie.

Infine, se per alcuni le delusioni scolastiche possono comportare una perdita di fiducia in se stessi ed essere di ostacolo alla realizzazione di determinati progetti lavorativi, per proprio l’uscita dal sistema scolastico, nei confronti del quale ci si sentiva estranei ed inadeguati, può esser l’occasione per una rivincita personale nel lavoro, grazie al quale ci si sente più valorizzati e non ci si percepisce più come un peso inutile sulle spalle della famiglia.

Le conseguenze peggiori sia per il singolo sia per la società, si verificano allorquando all’espulsione e all’emarginazione dal sistema scolastico segue un’emarginazione sociale e una difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, imputabile oltre che alle risorse del singolo, anche a quelle del contesto familiare e sociale in cui esso si trova inserito.

Cosicché la riuscita dell’inserimento lavorativo va collegata non tanto alla frequenza scolastica, quanto alle risorse culturali e familiari di ognuno, legate certamente all’istruzione, ma non riconducibili ad essa.

1.3 “DISAGIO FAMIGLIA”

I bimbi, si sa, amano parlare dei loro genitori. li ritengono perfetti ed onnipotenti... “Il mio papà è molto ricco. Abbiamo comprato una macchina che è la più bella del paese. E anche mio zio è venuto per vederla e ha detto che gli piaceva moltissimo, ma che lui non poteva comprarla.

(Carlo Maria Card. MARTINI, “Il padre, capace di dare gioia”)

ho visitato una volta una esposizione -afferma Carlo Maria Card. MARTINI, ne il suo scritto “Il padre nostro”-, di disegni di bambini.

Il tema era molto difficile: “disegna Dio”...

I disegni erano impressionanti.

Ricorrevano infatti volti accigliati, severi, spaventevoli. La guida spiegava che ciò era dovuto al fatto che questi bambini vivevano nelle borgate degradate della grande città, in ambienti sociali difficili e avevano spesso genitori violenti, con reazioni imprevedibili, capaci di rendersi insopportabili, spesso motivo di incubi notturni e di terrori diurni.

Tra i presenti qualcuno obiettò: “Sempre la colpa ai genitori... provate ad avere in casa bambini irrequieti...” Ma una signora replicò: “Si capisce; però i bambini vanno educati, mentre i genitori devono esserlo già! I bambini non sono responsabili, i genitori, sì!!!”

La discussione si prolungò, non senza toni aggressivi e perfino offensivi... Io però mi sono staccato dal gruppo e son tornato a guardare quei disegni infantili con volti spaventevoli di Dio, che spegnevano il desiderio di preghiera e di ogni speranza.

Ho cercato di pregare ugualmente lasciandomi ispirare dal Padre Nostro... L’amore dei genitori avrà sempre dei difetti, talora perfino può mancare (!) del tutto: ma l’Amore di Dio è infinito e perfetto.

(Carlo Maria MARTINI, “Mamma e papà: per aiutare a disegnare Dio”).

Il moderno cosmo sacro risulta dunque operare come un’ideologia totale (o meglio “senso della vita”).

Fornisce un completo assorbimento di idee plausibili che coopera al funzionamento delle moderne società industriali - ma senza legittimarle esplicitamente. La limitazione finale della precedente affermazione indica un motivo per cui non è molto utile chiamare la nuova forma sociale come un’ideologia nel senso originario della parola. La nuova forma sociale di religione non rappresenta gli interessi costituiti di un particolare strato sociale e non è articolata come un programma di azione politica e sociale. Non è utopica né restauratrice, né comunista né capitalista. E’ dubbio se le tradizionali forme sociali di religione possano essere adeguatamente intese applicando loro l’etichetta di ideologia, nonostante le loro occasionali funzioni ideologiche. L’etichetta però sarebbe, senza dubbio alcuno, fuori luogo nel caso della nuova forma sociale di religione. [...]

Lo sforzo per tentare di capire questo mutamento davvero rivoluzionario nel rapporto dell’individuo con l’ordine sociale non può essere inutile. L’emergere della nuova forma sociale di religione è nascosta in parte dalle più evidenti caratteristiche economiche e politiche della moderna società industriale. E’ probabile che l’indirizzo che abbiamo cercato di descrivere sia reversibile, anche ammettendo che tale reversibilità sia da considerarsi desiderabile. Non si deve dunque cercare di non volerlo solo perchè si rimane attaccati ad illusioni religiose tradizionalistiche. Né se ne devono ignorare le implicazioni solo perchè si è animati da ottimismo secolarista.

(Luckmann, “La religione invisibile”, Universale Paperbaks Il Mulino, 1967, Proscritto)

CONCLUSIONE

Dopo aver citato diversi campioni di giovani in quartiere periferico dell’hinterland milanese (alcuni drop-out e allievi del serale), le strategie dei comitati di qualrtiere e della “tolleranza zero” e le polemiche sulla mancanza di coordinamento fra gli istituti delle Forze dell’Ordine, le risposte del Pastore e gli scritti illuminanti di un grande della Sociologia concludo questa mia breve trattazione con una celeberrima frase di un filosofo greco

“La cura di molte malattie è ignota ai medici della Grecia perchè essi trascurano il tutto che andrebbe invece studiato; difatti la parte non può mai essere sana se il tutto non è sano!”

(Platone, Carmide)

BIBLIOGRAFIA:

1. L. NIKLAS, “Teorie della società”, Milano, Franco Angeli, 1994

2. A Saccà, Marx contro Marx, 1983.

3. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, (Le sacré et le profane, Gallimard, Paris 1965), 1967 Bollati Editore, Torino, 1984

4. Rudolf Otto, Il sacro, 1917

5. G. Ragozzino, “Il fatto religioso”, “Introduzione allo studio della religione”, Messaggero, Padova, 1990, pag. 13

6. A. Roussseau, Sociologia delle Religioni, in “Grande Dizionario delle Religioni”, M-Z, Cittadella editrice, Assisi, Edizione Piemme, Casale Monferrato, 1988, pag. 1998.

7. C. M. MARTINI, Omelia tenuta il 10. 01. ‘99 ad Abbiategrasso, “Avvenire (in Lombardia)”, n. 2 anno IV “Il nostro tempo, I.T.L.”

8. Il corriere della sera, Primapagina, 10 gennaio 1999

9. C. M. MARTINI, Riflessione in “Il nostro tempo, I.T.L.” del 17 gennaio 1999.

10.“Archivio” del Centro Sociale Ambrosiano

11.“Agenzia per le Tematiche Sociali Giovanili” della “Fondazione Mons. Luigi Moneta”

12.T. Luckmann, “La religione invisibile”, (“The Invisibile Religion. The transformation of Symbol in Industrial Social”, New York, 1963), Il Mulino, Bologna, 1967

13.E. BESOZZI, Differenziazione culturale e socializzazione scolastica, Vita e Pensiero, Milano 1983

14.C. M. MARTINI, “Il padre, capace di dare gioia”, 1998

15. C. M. MARTINI, “Siamo genitori falliti?”, 1998

16. C. M. MARTINI, “I figli degli altri”, 1998

17. R. BATTAGLIA, “Lettere dal domani”, Torino, 1973

18. Platone, Carmide